E’ un piatto tipico dei Monti di Tolfa, una minestra (o una zuppa se si serve con del pane casareccio raffermo tagliato a fettine sottili e posto nella scodella prima di versare la minestra), a base di mentuccia selvatica. Quindi è d’obbligo una bella passeggiatina in campagna in cerca di quei profumatissimi cespuglioni di mentuccia, prima che il gelo li bruci. Se ne deve prendere una bella quantità, prima di potersi permettere la ritirata. E così abbiamo fatto. L’abbiamo colta in compagnia di qualche cavallo allo stato brado che ci controllava con gran cipiglio.
La preparazione è una stupidaggine.
In un tegame capiente qualche spicchio d’aglio a rosolare nell’extravergine, poi esaurito il suo compito lo si toglie. Giù il pomodoro fresco a pezzi e lasciare andare per un po’. Aggiungere le patate anche queste tagliate a pezzettoni e si sala un po’. Si fa cuocere coperto per un’oretta e mezzo. Nel frattempo si lava la mentuccia, si mettono da parte solo le foglie e si asciugano.
Poi si aggiungono alla minestra e si lascia sul fornello a fuoco moderato almeno un’altra ora. La presenza o meno del coperchio si regolerà a seconda della brodosità della minestra e il risultato a cui vogliamo arrivare (che dipende anche dalla decisione di mangiarla a minestra o a zuppa). Aggiustiamo di sale nell’ultima fase di cottura, quando si è già ristretta. Una volta nella scodella, un giro di extravergine e una macinata di pepe al mulinello ed è pronto.
Ci vuole tempo, perchè la cottura super anche le due ore, ma per il resto è semplice e gustosissima. La mentuccia pervade ogni recesso lasciando però emergere anche gli altri sapori. I nostri amici sono rimasti deliziati e hanno svuotato il “callaro” senza troppi complimenti. Ma quanto mi piace così !!!
che meraviglia di semplicità guduriosa questa zuppa di mentuccia!!! mi piacciono le lunghe cotture che mentre fai le tue cose sai che di là qualcosa si sta sistemando a puntino nella pentola. Tutto quel tempo che ti lascia spazio all’immaginario… che bellezza!
un gran bel bacio, cara Marilì %-)))
Ciao Frenkissima, anche a me le lunghe cotture piacciono, perchè sanno di un tempo che non c’è più (in tutti i sensi!!!). La casa che si riempe dei profumi sprigionati dal pentolone, sbrigare altre faccende nel frattempo e ogni tanto tornare a quel piccolo appuntamento che ti trilla in testa; rimestare e controllare, scoperchiare. E poi finalmente “A tavola che è pronto !!!”
ciao, ti scopro dai miei commenti e vengo a farti visita trovando questa buonissima minestra dai sapori dell’orto …..ho sbirciato qua e là e ti faccio i complimenti per le belle ricettine che ho scovato nel tuo blog….. alla prossima!!
che buono l’aroma della mentuccia!! sa proprio di natura, di antico, di pulito…
Ciao Astrofiammante ! Welcome ! Grazie per i complimenti, io anche ti ho scoperto da poco e trovo il tuo blog una fonte di informazioni interessanti e di ispirazione. A presto !
Ma allora c’è proprio qualcosa che non va ! I tuoi commenti li visualizzo successivamente, ma come sarà strano ?! Ora controllo…in the meantime un bacione doppio cara Paola !!! A presto
che buona la mentuccia e quest’utilizzo è, per me, una novità…proverò, proverò.
Oh yea, Michelangelo, do not miss it !
Rieccoci, mi sembra di tornare ai tempi del coccio…
Credo che questa che tu chiami mentuccia sia la nostra nipitella, sbaglio? O qualcosa di simile, i fiorellini sono quelli e si trova a ciuffi nei campi, si…
Aspetto delucidazioni, perchè questa zuppa vorrei proprio prepararmela, non vorrei che il gelo mi fregasse!
baci,
wenny
Sì sì è lei, Wennybella, Calamintha Nepeta, quindi nipitella o mentuccia. Qui da noi finchè non ha fatto il gelo dell’ultima settimana in campagna si trovava ancora. A dire la verità la trovo anche sul mio balcone chè quest’anno sono riuscita ad addomesticarla in vaso trapiantandola dalla macchia tolfetana…[soddisfazione da urlo ;-)] Allora corri corri, più forte dell’inverno che avanza !
Marilì, io sono di Roma e lo sai che non sino mai stata a Tolfa? La tua zuppa è semplice e sa di buono. Chissà che profumo in cucina mentre stava sul fuoco!
Allora devi concederti almeno una mattinata, Francesca. Prendi l’autostrada, esci a S.Severa e prendi direttamente la provinciale per Tolfa, ti fai una ventina di km nella macchia selvaggia e poi arrivata a Tolfa, puoi prendere la Braccianese, passando dotto il castello di Rota, oppure deviando prima a sinistra per la strada del Marano, che ti porta, accidentata, fino alle rovine di Cencelle e alla magica zona della Farnesiana, sconfinando poi nel Tarquiniese. Ci sono posti bellissimi. Insomma se ti dovesse mai interessare fammi un fischio, chè ti faccio da guida !!!
sta tutto bollendo!…un profumo assurdo!buonissimo….consiglio anche “l’ovo sperso!”…;)(ricetta di allumiere)